domenica 27 febbraio 2011

Come declassare Antas a solo sito punico e romano

Il Tempio romano di Antas è stato per anni il simbolo della Sardegna nella pubblicità istituzionale della Regione sui giornali e sulle patinate riviste di viaggi. Splendido monumento, naturalmente, ma sarebbe come che, per parlare di sé al mondo, l'Egitto mostrasse la cosiddetta “Colonna di Pompeo” ad Alessandria. Quella pubblicità regionale non era solo l'emblema del provincialismo, era molto peggio: la confessione di una profonda disistima.
Persino nella politica le cose sono cambiate, e nelle promozioni turistiche regionali la Sardegna è un po' più se stessa, ospitando tante culture esterne innestate sulla propria in un complesso processo di acculturazione. Nella scuola, le cose vanno diversamente. La complessità non è insegnata, se non per la buona volontà di qualche docente, e tutto o quasi si riduce a un succedersi di dominazioni apportatrici di civiltà. Così che non mi stupisce di leggere oggi su un giornale, in una notizia sulla promozione turistica e culturale di Fluminimaggiore, che le socie di una cooperativa affermino: Antas “da alcuni anni non è più solamente un area di interesse turistico, ormai è nota a tutti come importante centro punico e romano del periodo delle miniere”.
È nota così perché questo si fa sapere ai visitatori e perché questo è stato insegnato alle guide che accompagnando i turisti, perpetuano la misinformazione, una informazione in parte vera e in parte falsa. Nel sito della Cooperativa troviamo scritto che “ripercorrendone [di Antas, NdR] la storia ritroviamo le testimonianze di un villaggio nuragico che, attesta la presenza di questa mitica civiltà già dall'età del bronzo”. Mitica? È questo che sanno e dicono, che quella nuragica è una “mitica civiltà”? E, ancora, si legge: “Tra i reperti rinvenuti ricordiamo vaghi di collana in oro, pendagli, un anello, un vaso d'argento completamente ricoperto in oro e una statuina in bronzo che potrebbe rappresentare la più antica raffigurazione del Sardus Pater Babai”.
Chi è stato presente a un convegno a Senorbì e chi legge questo blog ha saputo del ritrovamento, venti anni fa nella “necropoli indigena di Antas”, di uno spillone in bronzo dell'età del ferro “caratterizzato” dice lo scopritore, prof. Bernardini “dalla presenza una serie di lettere fenicie incise sulla lama”. Tralasciamo al momento il riflesso condizionato del fenicista, per cui quel che è scritto è fenicio per definizione. E tralasciamo il fatto che siano passati vent'anni dalla scoperta alla sua comunicazione in un convegno. Quel ritrovamento, insieme al fatto che è stato fatto nella necropoli indigena (si può pronunciare la parola “nuragica”?), non fa forse di Antas un sito nuragico su cui si sono poi innestate le culture fenicia, poi punica e poi romana, tutte conservando il culto di Babay, il dio dei nuragici?
Conosco e apprezzo il lavoro di promozione di Fluminimaggiore fatto dalla cooperativa culturale e non credo che in quel “importante centro punico e romano” ci sia un pregiudizio o una disistima della civiltà “indigena” (nella facciata dell'ufficio turistico del paese sono disegnati due enormi bronzetti nuragici). Forse c'è la convinzione – che fu della Regione ai tempi in cui promuoveva la Sardegna con il tempio romano – che ad attrarre turisti sono buone solo le culture punica e romana, cioè quel che si trova altrove. Come succede per le Pro loco sarde in astinenza di idee che propongono ai turisti scampoli di ballerine brasiliane.
Sono convinto che – ma è solo un esempio ricavato dalla notizia di giornale – se la scuola e l'università informassero e formassero le guide e i promotori di turismo sul fatto che quello spillone nuragico è segno potente di una civiltà preesistente, il sito di Antas sarebbe fatto conoscere in termini diversi. E la civiltà nuragica meno mitica. Chi sa?, richiamare qualche epigrafista che, conoscendo altri alfabeti oltre al fenicio, conforti chi investe sulla promozione di qualcosa di diverso dalla vulgata archeologica.

2 commenti:

Gigi Sanna ha detto...

E hai fatto bene! Del resto mica sei una psicologa o una psichiatra.
Del resto, chi se ne frega? Contano i mille, i diecimila che vogliono sapere, mica le decine che si dannano l'anima perchè non si sappia quello che la 'scienza' deve sapere! I tuoi articoli girano per il mondo, mia cara, così come quest'ultimo di Gianfranco. Il 'mistero' della scrittura nuragica? Come tutti gli altri misteri delle scritture scoperte nella storia della scrittura! Pane quotidiano, banalità, dopo un certo tempo. Anzi spesso pane di vanto, ma di forno altrui, per tutti coloro che vorranno pontificare circa loro ricerche 'parallele'. Le solite 'parallele' dei miei tanto simpatici 'democristiani'. Avrai vita per vederli in azione e presto gli ipocriti. O gli sciacalli! Fai un pochino tu.

elio ha detto...

Non ho dormito stanotte, col pensiero rivolto ad Augusto e Adriano, e neppure è venuto Norace a consolarmi. Ero convinto che mi avrebbero risposto per le rime, mandandomi a quel paese e con ragione. Li avevo proprio trattati male, senza nessuna carità. Mi professo cristiano e per di più cattolico. Delle tre virtù teologali del cattolicesimo, fede, speranza e carità, di fede ne ho poca, di speranza, tanta e di carità, quasi nulla. Sono felice che mi abbiano, in qualche modo, perdonato. Prometto di non farlo più per l’avvenire ma, quanto a promesse, ho paura, mi deve essere rimasto nei geni un ricordo dei marinai shardana.
È che vorrei vedere i Sardi allontanarsi dal cliché italiano, delle marce, delle lenzuolate, dei bigliettini, dei pellegrinaggi sui luoghi dei delitti più efferati e pruriginosi, dal cliché dei media, televisione in primis.
La “mitica civiltà nuragica” è figlia di questo andazzo, caro Gianfra’. Guarda un po’ cosa si dice dell’Innominabile entrato con la grazia di un elefante nella cristalleria della scuola, tempio della cultura.