sabato 14 novembre 2009

Magris e Joyce, narcisismo, disistima e normalità

di Francesco Lai e Davide Casu

Avevamo sentito parlare, nelle nostre scorrazzate per la rete, circa un Rinascimento Sardo ed eravamo restati lì a pensare a cosa si riferissero esattamente: a quello che parla di una Sardegna ridotta a Zoo per i turisti, merito di quelle “fortunate pubblicazioni” che ci dipingono primitivamente agli occhi dei continentali e di noi stessi; d’altra parte pensavamo a coloro, sappiamo chi sono, che dedicano il corpo e l’anima nella divulgazione storica e culturale che coinvolge la nostra terra.
Grazie ad uno di noi due, F. Lay, leggevamo ieri sera, in un bar Madrileno, le parole del friulano Claudio Magris. Ci facevano riflettere quelle righe scritte pochi anni or sono, e filosofeggiavamo sulla condizione Sarda; effettivamente, però, ci risulta più utile che le nostre parole quelle altre del pluri-premiato autore. Eccole qua di seguito.
Claudio Magris; nel libro "Utopia e disincanto" affermava: "Tutte le minoranze che escono da una marginazione -nazionale, culturale, religiosa, politica o sessuale- tendono, almeno al principio, al narcisismo esibizionista, e fino a che non si liberino di quest’ultimo, apprendendo a vivere spontaneamente la propria peculiarità, e a non farci troppo caso, rivelano di stare ancora, internamente, in una condizione di inferiorità".
Bellissime le frasi del Triestino, "non farci troppo caso"...alla propria peculiarità", quindi scrivere con naturalità, suonare con naturalità, vivere con naturalità in Basco, Sardo o Bretone senza esaltarsi o estremizzare la propria natura, questa sì è indipendenza interiore. Afferma il Magris: "Qualsiasi endogamia, - qualsiasi pretesa di identità pura- è asfissiante e incestuosa" e continua: "Si apprende ad amare l'Irlanda con Joyce che la abbandonò e la criticò ferocemente, molto di più che con tutti quei romanzi Irlandesi ripieni di ragazze dai capelli rossi e prati verdi.
Riprenderemmo, per concludere, con un po’ di autoironia all’Algherese, con quel motivetto: La strada è lunga ma con le tue scarpine Chicco corri nel sole… Parafrasando: La strada per i Sardi è lunga e difficile, ma solo quando godremo della spontaneità con cui si manifesta l’essere del bimbo, metteremo fine a questo teatro, un pendolo tra il narcisismo e, per citare Gianfranco Pintore, il “coglionismo autodisistimante”.

Cari disterrados in su rennu ibèricu, c'è del vero nell'analisi che Magris fa del rapporto fra autostima e narcisismo nelle minoranze, in quelle che, non a caso, il Consiglio d'Europa chiama “minoranze nazionali”. E noi sardi siamo un paradigma di questo ondeggiare fra il “noi sardi” e il “noi come gli altri”. Attenti, però, a non generalizzare e, invece, a distinguere fra la normalità vissuta e il cosmopolitismo indotto.
L'appello dei Magris alla normalità, in sé giusto e condivisibile, nasconde una trappola che, per esempio, è scattata quando lo scrittore si è occupato della “normalità” linguistica del friulano e delle altre lingue minorizzate. Le azioni tese a renderle normali, azioni ovviamente politiche e onerose, sono state da lui condannate senza rimedio. Nel mio ultimo romanzo faccio dire a un epigrafista basco, personaggio chiave:
“Molti linguisti” disse il basco “proprio come capita, del resto, nella maggior parte dei rami della scienza, trovano nei loro interessi politici stimoli o impedimenti per le ricerche che devono fare. Così che una questione come lo studio della scrittura nuragica, in sé buona e pacifica, ha trovato impedimenti non a monte, nella verifica della sua effettiva esistenza, ma nelle conseguenze politiche che possono essere determinate da una risposta o dall’altra. È capitato così per l’euskera, la mia lingua, ridotta dalla politica e solo dalla politica, al punto di scomparire.”
La normalità di Magris (che cita Joyce, non a caso, come critico degli irlandesi) non può essere la nostra normalità. Così come non è normale la Sardegna che troppi scrittori dal cognome sardo descrivono, confermando nei loro romanzi gli stereotipi che della Sardegna si ha fuori dell'Isola: non li mettono in discussione e vendono molto fra chi tutto sopporta, tranne qualcosa che possa mettere in crisi l'immagine che della Sardegna e dei sardi ha in testa.
[zfp]

7 commenti:

Davide Casu ha detto...

Istimadu Zuanne Framtziscu...
Spero che quest'articoletto possa sollevare un vivo dibattito (troll state a casa)
Partirei citando la frase di
GIGI SANNA: Gli annni Sessanta furono per la Sardegna, per l'Italia e per il mondo, gli anni forse più belli della 'canzone' e della poesia.
Tenendo presente che Frantziscu Lai ed io siamo molto giovani e la nostra visione della realtá non è paragonabile a quella più ampia di chi nella vita si trova a buon punto, aggiungerei che quelle parole di Magris, scritte pochi anni or sono, ma certamente di un epoca diversa, concepite probabilmente proprio nell'epoca di cui parla Gigi Sanna.
È evidentemente che il valore politico insito nella questione delle minoranze (ad esempio il problema Lega e la sindrome: muoia Sansone e tutti i filistei), sta portando ad un tentativo in "sordina" (vedi storia della guardia di finanza)di etnocidio... distruggere la lingua minoritaria è sufficente per assassinare la minoria tutta: non c'è cultura senza radici ma non esistono radici senza lingua, essa in se, per dirla all'Heidegger, racchiude tutta la dichtung di una comunitá.
Ora, se parliamo di queste righe del De Magris che ci colpirono tanto l'altra notte ( e la birretta), c'è un sentimento giovanile di afasia tra quello che vorremmo e quello che noi stessi siamo costretti ad essere...
Basta ricordarsi di quel verso di Piero: MERE MANNA MERE MEA, o guardare alcuni cd che ho in casa, per vedere questo (dovuto per caritá) "narcisimo disperato" di chi si sente minacciato e debba gridare nella sua soffrenza chi è, e dirlo chiaro e tondo: cussa bandela chi furat su coro; sa sardinnia bella, cun tottu sos nuraghes a sentinella; sa zente sarda divertida; d'ogni sardu est d-unu frade;
Oltre ad essere frasi che ogni volta mi fanno emozionare, sono frasi anormali, un invocazione di soffrenza fornte alla schiavitù che ci impedisce di essere tali...
Allora le parole del magris diventano per me e Frantziscu Lai (lui non puo' scrivere, ieri è uscito!!!) suonano come un augurio futuro di poterci ritrovare a vivere la nostra peculiaritá con assoluta normalitá, sará (spero) così naturale che non dovremo "farci caso"... ma aggiungo: stando comunque attendi perchè non si ripeta la situazione attuale... Ma nel mentre aspettiamo, in una sardegna cosciente, che risuonino in donzi chirru parole come queste:

chi morza biende
sos anzoneddos brinchende

balla chi como menit carrasecare
amus a iscutulare sa bida
etc etc

Davide Casu ha detto...

aggiungo un altro episodio simpatico...
ieri stavo rientrando dal lavoro e uno Shekelesh(siculo), si parlava del più e del meno, afferma: ma la moretti ancora ancora, ma l'ichnusa proprio non ce la faccio a berla... io ho cambiato dal chiaro al verde in 2 decimi di secondo... come si azzardava a dire che l'ichnusa non è buona...
Poi ricordai di queste parole del Magris, poi subito dopo lo spot:
toccatemi tutto ma non la Sardinnia... E se io avessi detto a Lui che non mi paiccioni li arancini??? mi avrebbe detto: SI DIPENDE DAI GUSTI...

Anonimo ha detto...

La Lingua trascina in sé un'ottima mappatura del DNA di una Nazione, ma non ne è il solo vincolo fondante. Ad esempio nel nazionalismo scozzese la lingua non è un tema prioritario di rivendicazione politica e culturale. Come non lo è in diverse minoranze assorbite dalla Cina continentale, o in quella Taiwanese. La stessa Nazione Statunitense non nacque (sotto Lincoln) dal vincolo linguistico. Ma ogni caso è a se stante. Sotto un profilo politico: Il problema del nazionalismo Sardo (quello sardista soprattutto) è che si è prevalentemente orientato verso la lingua scordando la storia, salvo nei fatti non giungere ad alcun risultato su entrambi i fronti. E le radici di una nazione, di qualsivoglia materia siano composte, non soppravvivono nel mondo moderno ed alla massiccia esposizione mediatica se non si applica a monte una tutela legislativa di tali peculiarietà (specie con riferimento ad una minoranza come quella Sarda che non ha coscienza di sé). Che stima dunque possiamo pretendere da un popolo se non quell'ondivago sentimento identitario "del piede in due staffe" e persino dello stereotipo letterario di molti autori che Pintore ricordava? - Bomboi Adriano (SANATZIONE.EU)

Davide Casu ha detto...

Devo dire che il signor Bomboi centra un tema che non ho sviluppato nel mio intervento...
e in parte tocca le corde delle pecche della mia gioventù, pertanto lo ringrazio per aprirmi gli occhi; anche se:
Io non sono conosciuto, ne lo voglio essere, quindi mi affido a citarmi inquesto stesso blog nell'articolo sull'algherese, quando affermo che la sardegna rischierebbe con la perdita dell'algherese anche la perdita di una storia popolana etc etc.
Ossia la lingua per me non è solo un mezzo comunicativo ma in se include, in quanto viva, tutta la storia di un popolo. Nel caso del sardo, questa stessa lingua ci parla della sardegna prenuragica (vedi affinitá con il basco), della civiltá nuragica, della sardegna cristiana, di quella catalana, spagnola, infine piemontese ed italiana (che bene o male fa parte di noi). La Limba insomma è un escursione nei millenni Sardi.
Infine, quando nel commento che precede parlo della dichtung (teoria inclusa in "L'origine dell'opera d'arte"), questa non si riferisce solamente allo stadio linguistico ma alll'espressione primordale dell'essenza umana, intesa poi da me all'interno di una comunitá etnica... risulta, a mio avviso, evidente che oltre alla lingua, questa coinvolge qualsiasi espressione di questá comunítá all'interno del fenomeno-tempo... quindi arte, storia, lingua etc etc...
Ciò non toglie valore alle giustissime obiezioni del signor Bomboi sulle mie affermazioni... e di questo la ringrazio...
salude

Anonimo ha detto...

Vorrei segnalare (connesso al discorso) un piccolo dibattito nell'area Commenti di www.sanatzione.eu dell'articolo: Appunti da ripetere sull'Autonomia. Cordiali Saluti. - B. Adriano

Gioele Lay ha detto...

Unu bellu argumentu.
Cumplimentos Kecco e Davide Casu.
A sa Sardigna tzrebidi genti aici, chi cumprendidi chi sa Sardigna esti stereotipada e nosu seusu in sa nostra diversidadi unicusu e a su stessu livellu e s'attrusu.

Saludi e Trigu.

Anonimo ha detto...

Ho sollevato il problema della storia nell'ultimo articolo di Sardegna e Libertà ma sfortunatamente non mi è stato consentito di fare ulteriori appunti sul tema. - Bomboi Adriano